Sabato sarò docente di un Master, inizialmente a Firenze, ora via Web, con argomento di – Macroeconomia, efficienza dei mercati, finanza comportamentale e Robo Advisory – e facendo il materiale ho rivalutato una immagine di Roger Ibbotson, Professore in Finance alla Yale School of Management che voglio approfondire. Quando si fa il materiale in genere si fanno tante slide, considerato che il partecipante paga e quindi ne ha diritto, poi si potrebbe fare una giornata di approfondimento con una decine di slide e probabilmente in un Master si avrebbe più tempo per approfondire gli argomenti.
In genere, alla fine della giornata ho spunti interessanti da approfondire grazie ai partecipanti. La loro curiosità stimola la mia. Non entro mai in aula con l’idea che insegnerò qualcosa, ma con la speranza di confrontarmi e valutare diversi punti di vista e questo nei Master è possibile, meno all’Università, dove invece il bello è stimolare la conoscenza.
Anticipo che non sono un fautore dell’efficienza dei mercati, della finanza comportamentale e dei robo advisory, perché ritengo che in finanza esiste una sola verità: non esiste una verità. Il mercato ha sempre ragione ed è forse per questo che mi piace l’analisi tecnica perché riassume il concetto per cui il prezzo sconta tutto, poi come le altre analisi o studi, è fallace, ma lo è per antonomasia senza definirsi come unica soluzione. Ovviamente non è una tipologia di analisi adatta alla consulenza di un portafoglio clienti, troppi se.
Per ovviare al problema dell’incertezza dei mercati finanziari in genere scegliamo una scorciatoia con le medie storiche che hanno senso solo nel lungo periodo e di conseguenza dobbiamo per forza allungare l’orizzonte temporale, perché il rischio nei mercati finanziari si può riassumere come la probabilità che le nostre aspettative di rendimento non si realizzeranno, per cui è molto probabile che il rendimento assoluto di un anno non si concretizzerà nella media, ma allungando il tempo dell’investimento abbiamo più probabilità di avvicinarci alla media.
Faccio un esempio: il rendimento medio dello S&P500 dal 1950 ad oggi è più o meno 8,5%, ma gli anni che hanno avuto un rendimento compreso tra l’8 e il 9 per cento sono stati due – 1959 e 1965 -.
Eppure non si può prescindere dalla media storica, dal lungo periodo e dal migliorare i comportamenti degli investitori che sostanzialmente sono al contrario ancorati al rendimento assoluto, al breve periodo e vogliono credere a cosa vorrebbero sentirsi dire magari sapendo che non è la verità.
Tornando alla tabella di Roger Ibbotson, la previsione fatta nel 1974, in un momento particolare dei mercati finanziari, di inflazione, di tensioni politiche mondiali e ideologie terroristiche mi ha sempre stupito in termini di precisione, aggiungo che in quei anni nascevano i primi studi di finanza comportamentale.
Nel 1973 c’è stata una recessione che provocò nei 21 mesi successivi una discesa dell’indice del 50%, poi l’indice tornò sui massimi nel 1977 per poi scendere di nuovo e solamente nel 1982 l’indice riuscì a “rompere” al rialzo questa fase laterale durata 16 anni.
Una situazione molto simile a questi primi anni 2000.
Nel 2004 feci una presentazione con Bluerating e inserii nelle slide questa previsione dicendo che il Dow Jones avrebbe raggiunto i 100 mila punti nel 2025, semplicemente confermando il rendimento del 10% medio annuo a partire dal 2000, ma poi nel tempo ho capito di aver sbagliato:
- Non dovevo iniziare dal 2000 perché il 1974 non era l’inizio di un ciclo;
- I rendimenti medi possono cambiare.
Quindi provo a mettere una tabella riassuntiva con due ipotesi di rendimento partendo dal primo gennaio 2006 che potrebbe rappresentare una data più vicina in termini di ciclo al 1974 e calcolo quando ipoteticamente il Dow Jones raggiungerà i 100.000 punti.
Nel caso di un rendimento dell’8%, secondo le proiezioni in Excel nel 2019 sarebbe dovuto essere a 34 mila (era a 30 mila punti prima della discesa), mentre quella del 10% è solo per riprendere l’analisi precedente di Ibbotson.
Considerando un ciclo di 16/18 anni, iniziato nel 2016 la data del 2034 non è una ipotesi sballata.
Poco importa il risultato della tabella, non è quello il mio focus, se non che in America gli indici nel tempo crescono come non succede nel resto del mondo ed un indice che cresce genera ricchezza.
Se offro ai risparmiatori un rendimento negli investimenti, nel tempo per la capitalizzazione composta, rendo i miei cittadini più ricchi e offro denaro all’economia reale.
Provo a spiegarmi meglio, se i risparmi di una nazione crescono per il rendimento al 5% piuttosto che al 10% o addirittura ci sono paesi che non offrono rendimento, è normale che la massa monetaria investita crea ottimismo e spesa nei consumi. Non mi dilungo, il concetto mi sembra piuttosto chiaro.
I risparmiatori americani da sempre hanno ricevuto una maggiore ricchezza rispetto agli altri investitori di tutto il mondo, in particolare con i fondi pensione.
Cosa hanno inventato in America? Un modo per incanalare i risparmi verso i più meritevoli e condividere la ricchezza. Il Dow Jones è un indice di prezzo, per cui se questo sale, significa che l’azienda crea utili e cresce la sua capitalizzazione. Lo S&P500 invece rappresenta imprese con almeno 6 mld di dollari di capitalizzazione di cui almeno il 50% deve essere rappresentato dal flottante, un certo volume minimo di scambi per renderla liquida ed in particolare un utile di bilancio nei 4 trimestri precedenti, questo significa che se non generi valore sei fuori.
Poi l’America è l’America, anche il Nyse che rappresenta tutte le azioni nel lungo periodo è salito, ma meno del Dow Jones o S&P500, il Nasdaq è una eccezione che rappresenta i titoli tecnologici quindi un megatrend, ma l’idea vincente è quella di creare degli indici per le eccellenze così da creare ricchezza ai risparmiatori.
Perché devo comprare un indice italiano, il FTSE MIB che rappresenta tutta la borsa, in cui ci sono aziende cotte e riscaldate che non fanno utili e non offrono valore?
So anche io che faccio acqua da tutte le parti, ma è un dato di fatto che l’obiettivo delle borse deve essere duplice: finanziare chi se lo merita e creare ricchezza agli investitori.