“Nella vita ci sono rischi che non possiamo permetterci di correre e ci sono rischi che non possiamo permetterci di non correre”. Peter F. Drucker

Il rischio è un concetto astratto e soggettivo che non è misurabile in maniera definitiva, ma si può affermare che il rischio misura le probabilità che il rendimento atteso di un investimento non si realizzi in un tempo predeterminato.

Questo significa che un investimento azionario ha più probabilità di essere negativo ad un anno piuttosto che a dieci anni, ma anche nel lungo o lunghissimo periodo, non si ha la certezza del rendimento medio annuo atteso, seppure le probabilità a favore sono molte di più che dopo un solo anno.

Per questo la MIFID impone che venga chiesto al risparmiatore quale è la sua tolleranza al rischio, ossia, per quanto tempo è disposto a sopportare una perdita.

Perché gli investimenti più sono rischiosi e più è alta la probabilità di dover sopportare momenti negativi per il proprio portafoglio anche del 50% e sono necessari diversi anni per recuperare, mentre gli investimenti a basso rischio, tranne nel caso del default, hanno periodi negativi piuttosto brevi e di minore entità.

La diversificazione sia in termini di titoli che di mercati abbatte il rischio,  ma è necessario poter misurare in qualche maniera la rischiosità di un portafoglio e del suo mercato di riferimento per poter classificare gli strumenti finanziari in base al rischio che il sottoscrittore deve accettare.

Non si può semplificare il tutto con l’affermazione che le azioni sono più rischiose delle obbligazioni e gli strumenti derivati sono all’apice del rischio.

Ci sono azioni e azioni, mercati e mercati, obbligazioni ed obbligazioni, per cui bisogna poter differenziare le diverse categorie non solo secondo una tabella riepilogativa dei mercati e benchmark come propone Assogestioni con i Fondi, ma secondo un modello matematico che misuri il rischio.

Questo è il motivo per cui sono stati creati diversi, tanti, indicatori di rischio, ed in alcuni casi questi studi sono valsi dei Premi Nobel.

Nel 1990 Harry Markowitz  e William Sharpe, hanno condiviso il Premio Nobel insieme a Merton Miller «per i contributi pionieristici nell’ambito dell’economia finanziaria»;

In particolare, Markowitz ha introdotto il concetto di rendimento e rischio medio atteso, sulla base dei rendimenti storici e della volatilità che questi hanno avuto per ottenere quel risultato, mentre Sharpe ha inventato un indicatore capace di misurare quanto è pagato il rischio che accettiamo per ottenere un rendimento superiore ad un investimento privo di rischio.

In pratica, l’indicatore di Sharpe misura se è valsa la pensa rischiare oppure se abbiamo rischiato troppo per ottenere un risultato.

Questi indicatori, di cui analizzeremo solo i principali in questa sezione, mentre saranno approfonditi nella sezione dedicata ai Video Corsi, servono non solo a misurare il rischio di uno strumento finanziario o di un portafoglio, ma anche a confrontarli tra loro, proprio sulla base di rischio e rendimento. Poi deciderà l’investitore quale investimento scegliere, se quello più conservativo, con meno rischio e con un rendimento inferiore rispetto ad una scelta più rischiosa, con l’intento di ottenere un rendimento maggiore.