Il Decreto Destinazione Italia del 2013 permette alle società italiane non quotate, diverse dalle banche e dalle micro imprese di emettere obbligazioni a medio / lungo termine.
Normalmente le imprese, optano per questa soluzione, piuttosto che rivolgendosi in banca per finanziare piani di sviluppo, operazioni di investimento straordinarie o di rifinanziamento.
Le caratteristiche delle imprese che possono emettere mini bond sono:
- Il fatturato deve superare i 2 milioni di euro e l’organico deve essere composto da almeno 10 dipendenti;
Al di là di quanto statuito dalla normativa, va comunque sottolineato che il mini-bond non è uno strumento di supporto alle aziende in crisi ma un’opportunità di finanziamento sul mercato dei capitali per le aziende sane, con buone performance negli ultimi esercizi e con precisi programmi di crescita per i prossimi anni, che per motivi diversi decidono di fare a meno del credito bancario o, quantomeno, di integrarlo con strumenti di debito alternativi.
La sottoscrizione di queste obbligazioni è generalmente riservata a investitori istituzionali professionali ed altri soggetti qualificati:
- banche, imprese di investimento, SGR, società di gestione armonizzate, SICAV, intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 107 del T.U. bancario e le banche autorizzate all’esercizio dei servizi di investimento anche aventi sede legale in uno Stato extracomunitario, purché autorizzate alla prestazione di servizi nel territorio della Repubblica;
- i mini-bond non sono oggi accessibili agli investitori retail.
Al 31 dicembre 2016 l’Osservatorio sui minibond del Politecnico di Milano ha registrato 221 operazioni per un controvalore di 8,6 miliardi di euro. Rispetto al 2015, nel 2016 è aumentata la proporzione delle PMI, passando dal 48,3% al 73,9%.