Roberto Semprini intervista Michele Clementi riguardo al trading, sul suo significato e sulle opportunità che offre.
Che cosa ne pensi del trading?
Dovrei essere io a fare a te questa domanda, tu sei il trader professionista non io.
Ok, la prossima volta me lo chiedi tu, ma ora voglio sapere cosa pensa del trading un ex consulente finanziario.
Nel 2000 avevo appena cambiato società e il mio commercialista mi aveva consigliato di spendere il più possibile per creare costi e pagare meno tasse. Così gli chiesi come potevo spenderli in maniera sensata, e mi suggerì la formazione. A marzo del 2000 sui picchi della bolla Dot-Com ero in aula alla Bocconi per un Master per consulenti e gestori del risparmio privato, poi successivamente ne feci uno anche per l’analisi fondamentale e tecnica sempre alla Sda nel 2001, ma già ero piuttosto erudito rispetto alla media dell’aula per quanto riguardasse l’analisi tecnica, mentre per la fondamentale ebbi una illuminazione.
Ricordo che in una lezione dedicata al Private Banking la Professoressa Paola Musile Tanzi ci disse che offrire al cliente la possibilità di fare trading con una piccola parte del suo capitale è un valore aggiunto e differenzia il consulente rispetto alla media.
In pratica, un po’ di amministrato non è male al fianco del gestito, ancora di più oggi che è l’unica possibilità per compensare eventuali perdite dovute dalla compravendita dei fondi, magari uno switch.
Quindi facevi trading per il cliente?
Chiariamo la parola trading. Una volta nelle banche c’era il borsino, dove un consulente comprava e vendeva azioni e obbligazioni per i clienti, i fondi comuni di investimento ancora non erano così popolari. Mi viene da sorridere pensare che fossero dei trader, sia i consulenti al borsino che i pensionati fuori dalla filiale a guardare il monitor che aggiornava le quotazioni una pagina per volta, ma in definitiva lo erano, facevano trading. Ora è cambiato lo strumento, ma anche comprare e vendere un fondo è trading, passare da un mercato ad un altro non è sostanzialmente diverso che passare da una azione ad un’altra, la differenza è il rischio che incorpora lo strumento non la compravendita. Trading significa comprare e vendere.
Forse è la durata di una operazione che definisce il trader e lo differenzia dall’investitore?
Sicuramente si, ma la durata o l’orizzonte temporale del trading lo decidi tu, e comunque si può essere cassettisti anche di una azione, non solo di un fondo comune di investimento.
Chi non avrebbe voluto avere Apple o Amazon o Netflix.
Un investitore deve avere questa possibilità, ovviamente con una parte esigua del suo patrimonio, perché nella piramide del rischio la speculazione è la punta dell’iceberg.
Una buona idea di investimento può rappresentare nel tempo sia una soddisfazione personale, ma soprattutto un valore aggiunto per il proprio portafoglio.
E’ difficile, ma allo stesso tempo non impossibile, se pensiamo ai titoli che negli ultimi anni hanno avuto rendimenti favolosi che altro non sono che la rappresentazione finanziaria delle nostre abitudini e consumi.
Qual è la parte del proprio capitale con cui consigli di fare speculazione?
Non di più del 5%, al massimo il 10%, considerando che i patrimoni importanti possono effettuare una buona diversificazione acquistando più titoli o più idee di investimento e di conseguenza possono abbassare il rischio di più di chi ha piccoli capitali ai quali consiglio vivamente di non fare trading, proprio perché non possono diversificare sufficientemente e rischiano troppo.
Se perde 10 mila euro chi ha un milione, non è la fine del mondo, ma se succede a chi ha 30 mila euro, probabilmente si sta giocando il master del figlio, o la sua pensione, e capisci che non può permetterselo.
Quindi la speculazione la consigli solo a chi ha grandi disponibilità finanziarie?
Penso che sia una variabile molto importante, ma se devo dirne una in assoluto direi l’orizzonte temporale. Essendo la speculazione molto rischiosa, l’unica maniera per abbattere il rischio è allungare il tempo dell’operazione così da superare le fasi negative del mercato, e sempre parlando di tempo, bisogna averne a sufficienza per seguire l’andamento dell’operazione, se non lo si ha, meglio appoggiarsi ad un consulente di fiducia, ed in questo senso bisogna averne molta. Perché come ti ho detto, non tutti i consulenti hanno piacere di offrire e dedicare tempo a questa tipologia di servizio che è poco remunerativa per loro e dove c’è poco da guadagnare c’è molto da perdere, considerato il rischio intrinseco della speculazione, ma se lo fai bene, spiegando i rischi e le opportunità, secondo me ti distingui.
Se l’operazione è di lungo periodo perché bisogna seguirla spesso?
Perché spesso avere una intuizione non è sufficiente e ti faccio un esempio. Nel 2000, internet è entrato prepotentemente nelle nostre abitudini, è stata una rivoluzione epocale, e bolla a parte, era piuttosto logico pensare che i titoli che avrebbero maggiormente cavalcato questa nuova era sarebbero stati i motori di ricerca, perché era scontato che ci fosse bisogno di un sistema che ti aiutasse a navigare per trovare cosa stavi cercando tra milioni di siti web.
Ai tempi c’erano Altavista, Virgilio, Excite, Yahoo, solo per citare i più popolari, poi è arrivato Google, una pagina bianca, e sono spariti tutti. Chi ha investito in quei titoli ha perso tutto, mentre chi ha comprato Google è diventato milionario. L’idea di investimento non era sbagliata, come dimostra Google, ma lo erano i titoli.
Quindi non basta avere una idea o una visione per comprare un titolo?
Assolutamente no. Bisogna considerare in prima istanza la capacità di quel titolo di fare utili, perché acquistando una azione sei socio della società e nessuno vorrebbe essere socio di una società che perde i soldi.
Se ci sono gli utili e se questi sono costanti o addirittura in miglioramento di anno in anno, allora il consiglio è quello di rimanere coerente con l’investimento e rimanere socio di quella società perché sicuramente ha un management valido, sono leader del settore e hanno i soldi per fare nuovi investimenti e rimanere vincenti.
Bisogna rimanere investiti anche quando il prezzo scende?
Il prezzo è funzione degli utili e non viceversa. Non bisognerebbe mai guardare al prezzo, ma sempre agli utili perché rappresentano il vero valore della società ed è quello che compri, il valore e non il prezzo.
Ovviamente a nessuno piace vedere deprezzarsi il proprio investimento, ma quando nel 2008 c’è stato la crisi immobiliare e il prezzo della tua casa è sceso, mica l’hai venduta.
Se l’azienda fa utili, prima o poi il prezzo torna ai massimi.
Perché il prezzo torna ai massimi se ci sono gli utili?
Ti faccio un esempio: se compri un’azione a 10 euro che stacca da diversi anni un rendimento medio del 10% è plausibile che anche in futuro riesca a garantire un euro di utili per azione.
Se il prezzo dell’azione scende a 5 euro, perché c’è un rallentamento economico, probabilmente anche gli utili scenderanno di conseguenza, ma quando sarà finita la recessione, è molto probabile che la società ritornerà a fare utili come e più di prima della crisi, quindi un euro.
Se l’azione è scesa a 5 euro perché tutti scappavano dalle azioni, poi tutti la vorranno ricordando che faceva un euro di utili e presto tornerà a farli e renderà il 20% (un euro di utili, cinque euro il costo dell’azione = 20%), e se tutti comprano l’azione il prezzo salirà fino a quando il rapporto tra prezzo e utili non sarà considerato congruo.
Per questo bisogno guardare gli utili, anche in prospettiva e mai il prezzo.
Quindi mi sembra di aver capito che il trading che ti piace è quello che cerca il valore?
Esattamente, negli utili sicuramente, perché rendono di più di una obbligazione, ma anche nelle idee e di conseguenza sugli utili in prospettiva, ma questo è più impegnativo, anche se sicuramente è il più affascinante. Comprare il piccolo che diventerà grande, ma come l’esempio dei motori di ricerca è molto difficile e quindi consiglierei di fare speculazione comprando un fondo comune di investimento o un etf settoriale o tematico con un orizzonte temporale piuttosto lungo, almeno dieci anni se investiamo in un settore da cui ci aspettiamo una forte crescita in futuro come possono essere le energie rinnovabili, piuttosto che le aziende ecologicamente sostenibili, o la nano tecnologia o altre idee che saranno parte integrante del nostro futuro che immagini che sarà.
Non mi sembra un gran trading comprare e aspettare dieci anni.
Io intendo il trading come una azione di compravendita, in questo senso, se hai una idea di investimento, puoi farlo gestendo attivamente il tuo investimento, comprando quando scende e ribilanciarlo quando sale. Può rappresentare la parte tattica del tuo portafoglio, quella che movimenti di più alla ricerca del rendimento , ma come ben sai anche tu, i migliori risultati si ottengono con la pazienza.
Mi piacerebbe sapere anche cosa ne pensi del trading di breve periodo?
Sicuramente, ma un’altra volta, quando parleremo dell’analisi tecnica.