Roberto Semprini intervista Michele Clementi sull’argomento della liquidità nei portafogli dei risparmiatori italiani
Cosa ne pensi della liquidità che i risparmiatori lasciano sul conto corrente?
In effetti, la liquidità nei conti correnti ha raggiunto una cifra monster se pensiamo che ci sono quasi 1500 miliardi, quasi come il totale del nostro prodotto interno lordo e quasi il doppio della capitalizzazione della Borsa Italiana. Certamente ci sarebbero enormi benefici per la nostra economia se questo denaro fosse investito nei mercati finanziari. Ovviamente questo è un esempio sbagliato, perché bisogna valutare il profilo di rischio del risparmiatore, per cui le considerazioni da fare sono altre.
Come mai pensi che i risparmiatori italiani preferiscono il conto corrente piuttosto che investirli?
Credo che ci siano tante spiegazioni che giustificano questo comportamento. Quando ho iniziato a lavorare negli anni ’90, un fondo monetario rendeva il 10%, poi il rendimento è sceso di anno in anno, fino ad oggi che spesso garantisce solo la protezione del capitale perché le obbligazioni di breve termine hanno un rendimento negativo, perché da anni la Banca Centrale Europea ha portato i tassi in negativo a -0,5%. Quindi credo che queste politiche monetarie molto aggressive hanno portato dei benefici, ma ovviamente hanno anche degli effetti negativi, in particolare negli investimenti di breve termine.
Quali sono gli effetti negativi per i risparmiatori?
In termini di asset allocation, il breve termine non compensa più il rischio, certamente lo abbassa, ma niente di più. Se il mio portafoglio avesse un rendimento “certo” nel breve termine, probabilmente i risparmiatori sarebbero più propensi al rischio perché un eventuale andamento negativo della parte rischiosa del portafoglio investito in obbligazioni di lungo termine o in azioni, sarebbe compensato dal rendimento certo di breve periodo. Non è solo la componente psicologica, ma anche matematica ed il consulente probabilmente avrebbe dei vantaggi da entrambe le componenti: psicologica e matematica.
Consigliare o scegliere di investire oggi in un fondo monetario è piuttosto problematico, anche se in termini di portafoglio abbatte comunque il rischio, ma è difficile da capire o spiegare, se il rendimento è negativo.
Per questo i risparmiatori preferiscono il conto corrente?
Questa è una spiegazione, che in qualche maniera è riconducibile alla scarsa educazione finanziaria dei risparmiatori, che non hanno una conoscenza delle dinamiche della gestione del portafoglio nella sua totalità e non conoscono le correlazioni, per cui è fatica da comprendere che anche un rendimento negativo può rappresentare un valore aggiunto nelle fasi di turbolenza dei mercati finanziari, anche se non compensano le perdite, ma in definitiva si riprendono quello che non hanno preso nelle fasi di tranquillità economica dove il rendimento è dato da altre asset class.
Quindi un altro problema è la scarsa educazione finanziaria dei risparmiatori?
Non è una novità che siamo ultimi in tutte le classifiche per la cultura finanziaria e questo non significa che se entriamo in supermercato in Svezia e chiediamo alla commessa che cosa è uno strumento derivato ci risponderà che è un contratto a termine, ma sicuramente parte del suo stipendio lo investirà nella sua pensione o nella protezione della sua salute, prima ancora di decidere come investire i suoi risparmi.
Noi italiani non abbiamo questa cultura e pensiamo che eventuali sfortune della vita le possiamo affrontare solo avendo il gruzzoletto da parte, in un luogo sicuro e qui torna il conto corrente.
Eppure i risparmiatori dovrebbero temere di tenere la liquidità nel conto corrente con tutto quello che è successo recentemente in tante banche.
Proprio gli scandali bancari hanno rafforzato l’idea che è meglio tenere i risparmi sul conto corrente che sono garantiti fino ai 100 mila euro, piuttosto che investirli in prodotti che sono considerati rischiosi, ma ovviamente non è la soluzione più efficiente.
Quali sono i rischi per chi ha più di 100 mila euro?
Da uno studio di Banca di Italia è stato evidenziato che in termini di numero di risparmiatori, chi detiene quasi il 100% dei propri risparmi in liquidità sono i patrimoni più piccoli, questa categoria ha una diversificazione quasi assente per i propri risparmi e preferisce i prodotti di liquidità con rendimenti praticamente nulli, ma certi, anche se poi di certo non c’è niente, ma sono ancorati ai famosi 100 mila euro garantiti. Eppure, sono proprio questi i risparmiatori che necessitano di una corretta pianificazione finanziaria per raggiungere nel tempo i propri obiettivi e bisogni, cercando un aiuto nella capitalizzazione composta non avendo sufficienti risparmi.
Come spieghi questo comportamento?
Il cliente non seguito e non sufficientemente istruito finanziariamente, ha paura dei mercati finanziari perché non li capisce e di conseguenza si rifugia nel breve termine.
Credo che questo comportamento non sia una novità, solamente che una volta i rendimenti erano molto alti, per cui la capitalizzazione composta aveva un suo corso anche nei prodotti di liquidità, mentre oggi un rendimento dello 0,5% diventa poco più del 5% in dieci anni, mentre una volta con un rendimento del 10% in dieci anni si triplicava. Ovviamente bisogna considerare l’inflazione, ma questo è un aspetto più pericoloso oggi di quanto lo fosse ieri, perché i tassi reali sono negativi.
Cosa significa: tassi reali negativi?
Significa che l’attuale politica monetaria ha portato i tassi in negativo, e di conseguenza sono inferiori all’inflazione che è intorno al 2%, quindi in dieci anni il capitale perde in potere di acquisto per la differenza tra la crescita dei prezzi del 2% e quella del capitale a rendimento nullo, per cui si può ipotizzare una perdita del 20% nel potere di acquisto del nostro capitale iniziale, mentre una volta, l’inflazione era molto più alta, ma i rendimenti del capitale erano comunque superiori e lasciavano inalterato il potere di acquisto del nostro investimento nel tempo con l’aggiunta di una rivalutazione.
Come possono essere aiutati i risparmiatori?
Il punto focale è proprio questo. Chi li aiuta? L’attuale ristrutturazione del settore bancario, la chiusura delle filiali, i continui annunci di riduzione del personale, ha una logica conseguenza rappresentata dall’abbandono dei clienti più piccoli e meno remunerativi per mancanza di organizzazione, anche perché oggi la Mifid impone un certo comportamento del consulente in termini di tempo minimo da dedicare al cliente, per cui i piccoli risparmiatori sono spesso abbandonati, insieme ai loro risparmi nei prodotti di liquidità e in definitiva alla banca non dispiace perché rappresentano una solidità patrimoniale per la banca stessa.
Detta così sembra essere un problema sociale?
In un certo senso lo è, perché i ricchi saranno sempre più ricchi perché beneficiano della consulenza, della diversificazione e della capitalizzazione composta di un portafoglio efficiente, mentre i risparmiatori meno abbienti si devono accontentare dello zero virgola e nel tempo questa disparità di rendimento sarà evidente e forse lo è già.
Eppure non sono solo i risparmiatori più piccoli a detenere la liquidità.
Certamente, in termini di numero dei risparmiatori sono i portafogli più piccoli ad avere la concentrazione del proprio portafoglio in prodotti di liquidità, mentre in assoluto sono i patrimoni più grandi a detenere la grossa fetta del liquidità.
Anche in questo c’è una spiegazione, perché come ti ho detto, dal rapporto di Banca di Italia si evince che i clienti più abbienti sono quelli con una maggiore diversificazione di portafoglio a dimostrazione che sono più seguiti o se fanno da soli, hanno una cultura finanziaria sufficientemente erudita.
Allo stesso tempo hanno una buona fetta della liquidità in circolazione, ma bisogna considerare che in genere chi ha grossi patrimoni, ha una età per cui è chiara la necessità di considerare nella diversificazione un profilo di rischio più contenuto e nella maggior parte dei casi, in prodotti di liquidità.
Più si è anziani e maggiore è la necessità di avere un gruzzoletto sempre a portata di mano, sia come supporto psicologico alla vecchiaia, sia perché ad una certa età, gli imprevisti di salute devono essere risolti in breve tempo e nel migliore dei modi se ha le disponibilità finanziarie.
Quindi un problema è anche la nuova profilatura della clientela con la Mifid II?
Non considero la Mifid II un problema, ma un passo avanti nella gestione del cliente. Ricordo che nel 2000 a mio nonno avevo costruito un portafoglio molto sbilanciato verso l’azionario, volevo fare bella figura. Quando gli presentai l’estratto conto in perdita successivamente al crollo delle Torri Gemelle, lo rassicurai dicendo che nel tempo avrebbe recuperato. Aveva 82 anni e mi rispose che se gli garantivo che sarebbe campato altri cinque anni, i soldi me li avrebbe regalati. Ci rimasi male, mi resi conto di aver fatto un errore, alla sua età non doveva preoccuparsi delle borse, ma mi rassicurò dicendomi che aveva vissuto la crisi del ’29 e la guerra e sapeva bene che tutto passa. In ogni caso, volle disinvestire. Avevo sbagliato.
In definitiva consideri fisiologico che ci sia tanta liquidità nei conti correnti?
Credo che sia la conseguenza di un effetto domino e che ogni situazione debba essere valutata singolarmente, perché non mi piace mai fare di tutta un’erba un fascio e arrivare alla conclusione che tutti stiano sbagliando, anche se sono convinto che ci siano molte posizioni che sono inefficienti e quindi bisogna intervenire, ma ai tassi attuali non ci sono molte alternative. L’unica soluzione è una maggiore educazione finanziaria per i risparmiatori più piccoli, aiutarli ad essere più efficienti, a farsi aiutare dai mercati finanziari per ottenere nel tempo un rendimento maggiore e spiegare che con la diversificazione si abbassano quei rischi che tanto temono.
Non avere rischio nel breve periodo è il peggior rischio nel lungo termine, ma deve essere spiegato, non imposto, ci vuole tempo e pazienza da entrambi le parti e spesso non si ha tempo e pazienza per spiegare o ascoltare.
Elaborazione sull’archivio annuale dell’indagine sui bilanci delle famiglie italiane nel 2016 – Banca di Italia -.